UFFICIO LITURGICO NAZIONALE
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

16 marzo – II Domenica

Gesù solo Al termine del brano resta soltanto Gesù. La sua gloria di Figlio di Dio, il suo splendore di origine divina resta percepibile solamente attraverso la sua umanità. Dai Vangeli apprendiamo che solo alcuni dei Dodici hanno visto il Trasfigurato, e solo loro e pochi altri testimoni hanno visto il Risorto. Ma a tutto […]
17 Febbraio 2014
Gesù solo
Al termine del brano resta soltanto Gesù. La sua gloria di Figlio di Dio, il suo splendore di origine divina resta percepibile solamente attraverso la sua umanità. Dai Vangeli apprendiamo che solo alcuni dei Dodici hanno visto il Trasfigurato, e solo loro e pochi altri testimoni hanno visto il Risorto. Ma a tutto Israele è stato concesso di vedere Dio nell’umanità di Gesù; e ancora oggi ad ogni uomo è concesso di riconoscerlo figlio di Dio, fatto uomo, attraverso la testimonianza della Chiesa. La bellezza e preziosità infinita di Cristo si manifesta nella povertà della sua umanità, e divengono accessibili a chi accetta un percorso di semplificazione.
 
Il luogo deserto
Il tirarsi in disparte, sul monte, è simbolicamente molto simile al tirarsi in disparte di Gesù nel deserto. La Trasfigurazione non è un’autoesaltazione di Gesù, ma una tappa importante del suo cammino di “svuotamento”, che conduce alla croce: al termine del percorso quaresimale saremo chiamati dalla liturgia a contemplare di nuovo Gesù solo sull’altura del Calvario. Dalla solitudine liberamente cercata e accettata nasce la vera comunione, che non è solo uno stato di emozione collettiva, ma affonda le sue radici nella verità della persona, nel progetto di Dio che vuole riunire tutti i popoli nella pace. Ma solo chi impara a stare con se stesso e con Dio può diventare operatore di pace, secondo il progetto di Dio.
 
È bello per noi essere qui
In effetti la tentazione per i discepoli è quella dell’appropriazione: forti della loro relazione con Gesù, essi tendono a prolungare l’intimità con il Maestro, rafforzata ulteriormente dal legame con le figure portanti della Legge e dei Profeti, Mosè ed Elia. Anche molti credenti oggi e molti gruppi derivati da associazioni cristiane sono tentati di rifugiarsi in un contesto comunitario chiuso e autoreferenziale, anche se indubbiamente riscaldato dalla preghiera e dall’ascolto della Parola di Dio.
Viene il momento in cui l’ascolto del Figlio di Dio conduce a scendere dal monte, a riprendere il cammino che conduce a Gerusalemme e al Calvario. Decisivo è dunque riconoscere quel momento, discernere l’occasione in cui il gruppo più ristretto è chiamato ad aprirsi ad una storia più grande.
 
Non parlate a nessuno
Il comando finale di Gesù impone ai discepoli il silenzio. Nel brano è indubbiamente presente una connotazione pasquale, una anticipazione dell’esaltazione del Risorto. Essa però risulta incomprensibile senza la piena esperienza della Passione, senza una piena coscienza della propria fragilità e di come essa venga riscattata e accolta dal Cristo, crocifisso per risorgere. Il percorso della Quaresima è indubbiamente fin dall’inizio caratterizzato da una nota di riservatezza (nel Mercoledì delle Ceneri abbiamo ascoltato “prega il Padre tuo nel segreto”, “il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà”, “non sappia la tua destra”, “non far vedere che digiuni”): essa permette di raggiungere l’autenticità e la semplicità nella sequela di Cristo.
 
Soffri con me per il Vangelo
La lettera a Timoteo ci aiuta ad entrare nel giusto atteggiamento: contemplativo, ma non chiuso alla missione, riservato, ma pronto a rendere testimonianza, proteso alla gloria di Dio, ma capace di accettare le fatiche del presente. L’espressione è splendida e potente: “Figlio mio, con la forza di Dio, soffri con me per il Vangelo”. Chi genera alla fede può a buon diritto chiamare il fratello “Figlio”; e dimostra una vera paternità spirituale se non nasconde le difficoltà, ma indica la via della croce. Tutto ciò però non è possibile per uno sforzo eroico e titanico: la “forza di Dio” permette di percorrere strade sempre nuove, anche impegnative e difficili, fino alla meta.  Con la forza di Dio è possibile ripercorrere l’esperienza di Abramo, chiamato a staccarsi dalle sicurezze del suo clan familiare, e da una terra conosciuta e fertile, per intraprendere un viaggio verso la terra sconosciuta, indicata da Dio, la terra della promessa.
 
L’anima nostra attende il Signore
Il salmo invita a permanere nella meditazione della parola e delle opere di Dio, a vedere e riconoscere la presenza del suo amore di cui “è piena la terra”. Anche nelle difficoltà è possibile sentirsi guardati da Dio, perché “l’occhio del Signore è su chi lo teme”.
 
La Quaresima è occasione favorevole per rieducarci ai tempi lunghi della fede: la fretta del risultato, che caratterizza la nostra economia convulsa, sempre più invadente, sempre più onnipresente nelle nostre vite, può cedere il passo alla tranquilla attesa di Dio. Chi attende Dio non resta solo: scopre che in tanti, silenziosi, talvolta isolati, condividono la stessa speranza. Per mezzo di essi, nascostamente, il Regno di Dio continua e cresce.