UFFICIO LITURGICO NAZIONALE
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

24 febbraio – II Domenica

La Chiesa è una comunità che non dorme sognando applausi e trionfi, ma è ben sveglia per cercare di vedere dietro al quotidiano, la speranza dell’eterno. Nelle parole di Pietro c’è il riferimento ad una importante festa ebraica: la festa delle Capanne. Per otto giorni gli ebrei vivono in capanne per ricordare l’esodo, il viaggio […]
31 Gennaio 2013
La Chiesa è una comunità che non dorme sognando applausi e trionfi, ma è ben sveglia per cercare di vedere dietro al quotidiano, la speranza dell’eterno. Nelle parole di Pietro c’è il riferimento ad una importante festa ebraica: la festa delle Capanne. Per otto giorni gli ebrei vivono in capanne per ricordare l’esodo, il viaggio verso il paese che Dio aveva loro promesso. La festa si è caricata anche di una forte connotazione messianica ed escatologica. La predicazione di Zaccaria riferisce che, dopo la battaglia fra il Messia e i suoi avversari, «i superstiti, fra tutte le nazioni che avranno combattuto contro Gerusalemme, vi andranno ogni anno per adorare il re, il Signore degli eserciti, e per celebrare la festa delle Capanne» (Zc 14,16). Alla fine dei tempi il Messia farà vivere tutti sul Monte degli Ulivi un’eterna festa delle Capanne. Gli apostoli, che conoscevano bene la Scrittura, vedendo i segni compiuti da Gesù, comprendono subito che lui è l’Unto di Dio e che il tempo messianico è arrivato. Allora Pietro propone di costruire immediatamente le tende. Ma Luca dice che non sapeva quello che diceva. Infatti l’episodio avviene otto giorni dopo l’annuncio che Gesù fa della sua passione e morte. Non hanno capito che nella logica di Dio gli onori e gli applausi non rientrano. Non hanno capito che, se vogliono vederlo trasfigurato nella gloria, devono vederlo sfigurato dal dolore delle percosse e degli insulti, e anche della morte; devono riconoscerlo re sulla croce. Se ci rivolgiamo all’Antico Testamento (Mosè ed Elia), tutto converge su Gesù e ci indica che il vero Messia è il servo sofferente (Is 53). Anche noi, che ogni domenica attraverso la celebrazione liturgica “saliamo sul Tabor”, abbiamo la tentazione di costruire tende per acquartierarci nella sicurezza della nostra comunità, nella bellezza del sentire la voce di Dio che parla tramite la Scrittura, dello stare con Gesù presente nel Tabernacolo. Ma dobbiamo scendere e andare ad incontrare i fratelli. Solo se sapremo vedere Gesù sfigurato negli occhi di chi ha necessità e/o sofferenza, avremo anche la capacità di vederLo trasfigurato nella gloria.