UFFICIO LITURGICO NAZIONALE
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Contributo del Centro Nazionale Vocazioni

La fedeltà di Dio all’Alleanza è la nostra speranza La "speranza è il segreto della vita cristiana. Essa è il respiro assolutamente necessario sul fronte della missione della Chiesa e in particolare della pastorale vocazionale (...). Occorre quindi rigenerarla nei presbiteri, negli educatori, nelle famiglie cristiane, nelle famiglie religiose, negli Istituti Secolari. Insomma in tutti coloro […]
31 Gennaio 2012
La fedeltà di Dio all’Alleanza è la nostra speranza
 
La "speranza è il segreto della vita cristiana. Essa è il respiro assolutamente necessario sul fronte della missione della Chiesa e in particolare della pastorale vocazionale (...). Occorre quindi rigenerarla nei presbiteri, negli educatori, nelle famiglie cristiane, nelle famiglie religiose, negli Istituti Secolari. Insomma in tutti coloro che devono servire la vita accanto alle nuove generazioni"(NVNE 38).
 
 
La speranza: segreto del Vangelo della vocazione
 
La speranza è una virtù teologale, un dono che il cristiano riceve dall’alto, da Dio.
La speranza è anche ciò che struttura e anima la vita di ogni persona in quanto tale, appartiene al dinamismo vitale dell’essere umano. L’uomo, infatti, potrebbe essere descritto come un “essere di desiderio”, ma un essere di desiderio che deve fare i conti con il limite (ogni persona vive e si realizza in una realtà – personale, sociale... - segnata dal limite. Vive così una tensione tra quello che intravede-desidera poter essere e quello che è. Una tensione che gli è connaturale, un desiderio di esodo, un impulso continuo ad andare oltre i confini del già dato (quello che è, che ha raggiunto: scuola, lavoro, amicizie, affetti…): è la speranza che lo abita!
La speranza è, dunque, la logica fondamentale di ogni vocazione: è un dono ricevuto (virtù teologale) che domanda di essere vissuto (tensione, desiderio verso...).
 “Una sola è la speranza alla quale siete stati chiamati, quella della vostra vocazione” (Efesini 4,4). C’è una sorta di sovrapposizione tra speranza e vocazione ed è qui che intravediamo il nostro futuro, ciò che siamo chiamati ad essere, a divenire. Incamminarci su questa strada significa tendere verso la verità del nostro essere, verso quello che il Signore “spera” per ciascuno di noi.
A volte sembriamo rassegnati e sconsolati quando mettiamo a confronto il tempo vocazionale passato con l’incertezza di un futuro che già, in qualche modo, viene a turbare il presente: come faremo, non ci sono più preti? E i religiosi? E la famiglia?
Nella Esortazione Apostolica Pastores dabo vobis, al numero uno, il Santo Padre Giovanni Paolo II esordisce ricordando la fedeltà di Dio alla sua promessa di non far mancare alla Chiesa i pastori di cui ha bisogno: “Di fronte alla crisi delle vocazioni sacerdotali la prima risposta che la Chiesa dà sta in un atto di fiducia totale nello Spirito Santo. Siamo profondamente convinti che questo fiducioso abbandono non deluderà, se peraltro restiamo fedeli alla grazia ricevuta”.
Più che rivolgerci al passato col cuore intristito o affacciarci al futuro con uno sguardo pessimistico, con la tentazione di tirare i remi in barca, occorre educarci alla fiducia nella promessa divina. Anziché cominciare fin da ora a prospettare una Chiesa senza preti, senza consacrati, senza famiglie piccole chiese domestiche, quasi che questo epilogo fosse inevitabile (certo, a volte è necessario pensare a come adeguare le attuali forze alle nostre strutture, opere, domande che ci interpellano; ma è anche vero che spesso certe previsioni catastrofiche ci fanno somigliare a dei “gufi”, e non facciamo altro che rendere più pesante la situazione accelerando il cammino verso l’intravisto, o proiettato, triste epilogo), è necessario diventare collaboratori dell’opera di Dio, trovando i modi più adatti per favorire nelle nostre comunità la fioritura di vocazioni al presbiterato, alla vita consacrata, alla famiglia...
Dunque, c’è bisogno di una maggiore fiducia in Dio e una più forte responsabilità nel nostro agire. È in questo contesto che si invera quanto ci viene ricordato dagli Orientamenti Pastorali della CEI, Educare alla vita buona del Vangelo: "Particolarmente importanti risultano per i giovani le esperienze di condivisione nei gruppi parrocchiali, nelle associazioni e nei movimenti, nel volontariato, nel servizio in ambito sociale e nei territori di missione. In esse imparano a stimarsi non solo per quello che fanno, ma soprattutto per quello che sono. Spesso tali esperienze si rivelano decisive per l’elaborazione del proprio orientamento vocazionale, così da poter rispondere con coraggio e fiducia alle chiamate esigenti dell’esistenza cristiana: il matrimonio e la famiglia, il sacerdozio ministeriale, le varie forme di consacrazione, la missione ad gentes, l’impegno nella professione, nella cultura e nella politica” (32).