UFFICIO LITURGICO NAZIONALE
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Contributo dell'Ufficio Nazionale per la cooperazione missionaria tra le chiese

Concetto Il martirio, impegno radicale nella sequela di Cristo fino al dono di sé, assimila il discepolo al sacrificio vicario del Maestro, vero Agnello vivo e immolato sull’altare della Croce.   Figura di riferimento: San Massimiliano Kolbe Massimiliano Kolbe nacque il 7 gennaio 1894 a Zdunska-Wola in Polonia, da genitori ferventi cristiani; il suo nome al battesimo fu […]
20 Febbraio 2012
Concetto
 
Il martirio, impegno radicale nella sequela di Cristo fino al dono di sé, assimila il discepolo al sacrificio vicario del Maestro, vero Agnello vivo e immolato sull’altare della Croce.
 
 
Figura di riferimento: San Massimiliano Kolbe
 
Massimiliano Kolbe nacque il 7 gennaio 1894 a Zdunska-Wola in Polonia, da genitori ferventi cristiani; il suo nome al battesimo fu Raimondo. Nella zona austriaca del paese, a Leopoli, si stabilirono i francescani, i quali conosciuti i Kolbe, proposero ai genitori di accogliere nel loro collegio i primi due fratelli più grandi. I due fratelli Francesco e Raimondo dal collegio passarono entrambi nel noviziato francescano. Raimondo divenuto Massimiliano, dopo il noviziato fu inviato a Roma, dove restò sei anni, laureandosi in filosofia all’Università Gregoriana e in teologia al Collegio Serafico, venendo ordinato sacerdote il 28 aprile 1918.
In quei tempi influenzati dal Modernismo e forieri di totalitarismi sia di destra sia di sinistra, che avanzavano a grandi passi, mentre l’Europa si avviava a un secondo conflitto mondiale, Massimiliano Kolbe non ancora sacerdote, fondava con il permesso dei superiori la “Milizia dell’Immacolata”, associazione religiosa per la conversione di tutti gli uomini per mezzo di Maria. Ritornato in Polonia a Cracovia, si dedicò a quella sua invenzione di devozione mariana, raccogliendo numerose adesioni fra i religiosi del suo Ordine, professori e studenti dell’Università, professionisti e contadini.
Ma ormai la Seconda Guerra Mondiale era alle porte. Il 19 settembre 1939, i tedeschi prelevarono dal loro convento padre Kolbe e altri frati, portandoli in un campo di concentramento, da dove furono inaspettatamente liberati l’8 dicembre; ma il 17 febbraio 1941 padre Kolbe fu nuovamente imprigionato insieme a quattro frati, e il28 maggio fu trasferito ad Auschwitz.
Alla fine di luglio fu trasferito al Blocco 14, dove i prigionieri erano addetti alla mietitura nei campi; uno di loro riuscì a fuggire e secondo l’inesorabile legge del campo, dieci prigionieri vennero destinati al bunker della morte. Padre Kolbe occupò volontariamente il posto di un padre di famiglia destinato a quel supplizio.
La disperazione che s’impadronì di quei poveri disgraziati fu attenuata e trasformata in preghiera comune guidata da padre Kolbe, e un po’ alla volta essi si rassegnarono alla loro sorte; morirono man mano e le loro voci oranti si ridussero a un sussurro; dopo quattordici giorni non tutti erano morti, rimanevano solo quattro ancora in vita, fra cui padre Massimiliano. Allora le SS decisero di abbreviare la loro fine con un’iniezione di acido fenico; il francescano martire volontario, tese il braccio dicendo “Ave Maria”. Furono le sue ultime parole: era il 14 agosto 1941. Le sue ceneri si mescolarono insieme con quelle di tanti altri condannati, nel forno crematorio.
Il suo fulgido martirio gli ha aperto la strada della beatificazione, avvenuta il 17 ottobre 1971 con papa Paolo VI. Fu poi canonizzato il 10 ottobre 1982 da papa Giovanni Paolo II, suo concittadino.
 
 
Per una lettura di approfondimento
 

Gianfranco Grieco, Padre Kolbe - Prima e dopo Auschwitz, Edizioni Piemme