Terminato il tempo dei quaranta giorni, le comunità cristiane si accostano alla fonte e culmine del loro credere e del loro celebrare: il Triduo del Cristo, crocifisso, sepolto e risorto, introdotto e aperto dalla messa vespertina in Cena Domini. La celebrazione serale del Giovedì è il prologo del grande mistero di donazione di Cristo, inizio del solenne Triduo pasquale. Il Santo Padre Benedetto XVI si fa autorevole mistagogo di questa celebrazione teologicamente e spiritualmente molto densa.
«Qui, pridie quam pro nostra omniumque salute pateretur, hoc est hodie, accepit panem: così diremo oggi nel Canone della Santa Messa.
Hoc est hodie la Liturgia del Giovedì Santo inserisce nel testo della preghiera la parola oggi, sottolineando con ciò la dignità particolare di questa giornata. È stato oggi che Egli lha fatto: per sempre ha donato se stesso a noi nel Sacramento del suo Corpo e del suo Sangue. Questo oggi è anzitutto il memoriale della Pasqua di allora. Tuttavia è di più. Con il Canone entriamo in questo oggi. Il nostro oggi viene a contatto con il suo oggi. Egli fa questo adesso. Con la parola oggi, la Liturgia della Chiesa vuole indurci a porre grande attenzione interiore al mistero di questa giornata, alle parole in cui esso si esprime. (
) Nel Cenacolo, Cristo dona ai discepoli il suo Corpo e il suo Sangue, cioè se stesso nella totalità della sua persona. Ma può farlo? È ancora fisicamente presente in mezzo a loro, sta di fronte a loro! La risposta è: in quellora Gesù realizza ciò che aveva annunciato precedentemente nel discorso sul Buon Pastore: Nessuno mi toglie la mia vita: io la do da me stesso. Ho il potere di darla e il potere di riprenderla di nuovo
(
Gv 10,18). Nessuno può toglierGli la vita: Egli la dà per libera decisione. In quellora anticipa la crocifissione e la risurrezione. Ciò che là si realizzerà, per così dire, fisicamente in Lui, Egli lo compie già in anticipo nella libertà del suo amore. Egli dona la sua vita e la riprende nella risurrezione per poterla condividere per sempre»
Benedetto XVI, Omelia della Santa Messa nella Cena del Signore, 9 aprile 2009.
Pertanto, la celebrazione in Cena Domini mantiene vivo il legame tra prassi eucaristica delle comunità e mistero pasquale sorgivo e fondante. È proprio la normalità di questa celebrazione che domanda uno stile celebrativo calmo e solenne per rimandare a quella Cena e, al contempo, la sua peculiarità aiuta a riannodare i testi biblici proposti nella liturgia della Parola attorno al tema dellalleanza: il memoriale dellalleanza di Dio con il suo popolo che ora si fa nuova nel Sangue di Cristo consumato con il Corpo nella Cena e si prolunga nel servizio e nellaccoglienza fraterna dei discepoli.
Lalleanza che Cristo attua con la sua morte viene celebrata e resa presente ogni qual volta i cristiani mangiano di quel pane e bevono a quel calice, perché ogni Eucaristia della Chiesa è memoriale dei grandi eventi pasquali, alleanza sempre nuova e accessibile, profezia del Regno.