UFFICIO LITURGICO NAZIONALE
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Seconda Domenica di Pasqua

“Con grande forza gli apostoli rendevano testimonianza della Risurrezione di Gesù” (Atti 4,33). “Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c'era con loro anche Tommaso. Venne Gesù a porte chiuse, stette in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!»” (Gv 20,26). “Ascolto assiduo della parola di Dio, celebrazione liturgica e comunione nella […]
15 Febbraio 2012
“Con grande forza gli apostoli rendevano testimonianza della Risurrezione di Gesù” (Atti 4,33).
 
“Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c'era con loro anche Tommaso. Venne Gesù a porte chiuse, stette in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!»” (Gv 20,26).
 
“Ascolto assiduo della parola di Dio, celebrazione liturgica e comunione nella carità sono, dunque, le dimensioni costitutive della vita ecclesiale; esse hanno un’intrinseca forza educativa, poiché mediante il loro continuo esercizio il credente è progressivamente conformato a Cristo. Mentre testimonia la fede in letizia e semplicità, la comunità diviene capace di condividere i beni materiali e spirituali. Già così il compito educativo si mostra quale «esigenza costitutiva e permanente della vita della Chiesa»” (CEI, Educare alla vita buona del Vangelo, n. 20).
 
 
 
Spunti dalle letture
 
La vita della prima comunità giustamente ci sorprende. Si realizza infatti in essa la promessa che Dio aveva fatto al suo popolo alla vigilia dell’ingresso nella Terra Promessa, come leggiamo nel libro del Deuteronomio: “Non ci sarà tra voi nessun bisognoso”. Quell’annuncio che era rimasto irrealizzato, in massima parte per la durezza di cuore del popolo, incapace di accogliere la giustizia, ora finalmente appare visibile, non come un’utopia, ma come la tensione concreta che la comunità del Risorto cerca di realizzare in forme via via più perfette, fino al compimento definitivo del Regno, alla venuta gloriosa di Cristo. La comunità di Gerusalemme realizza una ammirevole condivisione dei beni materiali, che perdura fino alla persecuzione di Stefano, e solo in parte è riproducibile nelle comunità che via via vengono fondate in Asia Minore e in Grecia. Sappiamo come Paolo in seguito si adopera per una colletta, una raccolta di offerte in favore dei poveri di Gerusalemme, in occasione della carestia. Lo stesso principio di solidarietà e condivisione si attua anche a distanza, in una forma inedita di collaborazione tra la comunità madre di Gerusalemme e le comunità in territorio greco. Le vie della carità sono mutevoli, il principio è identico: il brano degli Atti mostra che è necessaria un’educazione, una trasformazione radicale della vita.
 
Essa parte non da un principio economico, da una conta dei beni, da un’ideale utopico, ma dall’esperienza del Risorto, testimoniata con forza dagli Apostoli. La prima conseguenza è l’unità, da cui nasce una forma di solidarietà molto intensa, che coinvolge anche i beni materiali. L’incontro con il Risorto diventa inseparabile dall’incontro e dall’integrazione nella comunità dei suoi discepoli: lo esprime con forza la lettera di Giovanni (seconda lettura): “Chi ama colui che ha generato ama anche chi da lui è stato generato” (1Gv 5,1). L’amore del prossimo trova la sua prima e più immediata realizzazione, il suo banco di prova, nell’amore per i fratelli di fede, ma tende naturalmente ad irraggiarsi. Gli Atti ricordano che i discepoli “godevano di grande favore” (Atti 4,33). La carità vissuta e custodita all’interno della comunità non ha confini, e ricerca il bene di tutti, perché tutti sono creati da Dio per essere suoi figli.
 
Il vangelo mostra l’iniziale tensione che si viene a creare tra Tommaso e la comunità: egli non si accontenta della testimonianza di chi ha visto il risorto, e ricerca un’esperienza personale. La figura di Tommaso è estremamente interessante; non va letta solo in maniera negativa, come se fosse uno che rifiuta di credere. Infatti, gli altri passaggi del vangelo di Giovanni, che lo presentano in azione, lo mostrano in una luce diversa. Tommaso evidenzia la necessità per tutti di costituire una relazione personale con il Risorto, che non sia soltanto mediata da una condizionamento sociale. La storia passata e recente della Chiesa mostra che effettivamente può presentarsi, a diversi livelli, la tentazione di costituirsi in gruppi settari o esclusivi, in cui la persona è soffocata e schiacciata dal riferimento comunitario. L’esperienza secolare del diritto canonico giustamente fissa i confini per evitare questo pericolo.
 
Le parole di Gesù però mettono in guardia Tommaso e si rivolgono alla Chiesa di ogni tempo: “Beati quelli che pur non avendo visto crederanno”. Se Tommaso, in quanto chiamato ad essere apostolo, può esigere di vedere il Risorto, dopo di lui verrà una schiera infinita di altri che avranno accesso al Risorto “senza vederlo”, attraverso la mediazione della Chiesa. Solo nella comunità dei suoi discepoli è possibile essere educati e formati all’incontro con Cristo.