UFFICIO LITURGICO NAZIONALE
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Spunti dalle letture

Nel libro dell’Esodo i dieci comandamenti, o meglio le “dieci parole” sono dati al popolo come un dono, che segue l’altro grande dono della liberazione dalla schiavitù. Il Dio che dà i comandamenti è lo stesso che ha liberato dal lavoro servile, dalla condizione di disumanizzazione. Liberazione e comandamenti sono due aspetti dello stesso processo. […]
31 Gennaio 2012
Nel libro dell’Esodo i dieci comandamenti, o meglio le “dieci parole” sono dati al popolo come un dono, che segue l’altro grande dono della liberazione dalla schiavitù. Il Dio che dà i comandamenti è lo stesso che ha liberato dal lavoro servile, dalla condizione di disumanizzazione. Liberazione e comandamenti sono due aspetti dello stesso processo. Alla solenne convocazione di coloro che sono stati liberati, è data l’indicazione di come si agisce da uomini liberi. Alla base di tutto è la gratitudine verso Dio, che crea e dona la vita e la libertà; conseguenza necessaria è un agire responsabile e liberante verso i fratelli, con cui si è condiviso il dono della liberazione. Agli Israeliti non solo è chiesto di non ricadere più nella schiavitù, ma anche di non diventare essi stessi dominatori, soffocatori della libertà altrui.
 
In quest’ottica comprendiamo meglio la formulazione negativa di alcuni comandamenti: essi pongono un argine minimale alla prevaricazione e all’istinto egoistico, ma nello stesso tempo lasciano aperto il campo alla libertà responsabile, alla solidarietà. Gli unici comandamenti formulati in maniera positiva sono quello del sabato e quello sul rispetto dei genitori: attraverso il sabato si crea un tempo e uno spazio libero dal lavoro, dalla produzione, dall’ansia del fare, perché si possano costantemente coltivare e riscoprire le relazioni fondamentali. Attraverso la prescrizione attiva di “onorare il padre e la madre” si costituisce una catena di solidarietà tra le generazioni, un’eccedenza costante di dono e disponibilità. Non si può colmare il debito verso il padre e la madre, ma nello stesso tempo non si può porre un limite alla responsabilità di donare la vita.
Significativamente, nel nostro tempo sembra che si assista proprio allo sgretolamento di questi cardini fondamentali, e ne constatiamo i risultati disastrosi: la tentazione di controllare e dominare, di rendere produttivo ogni tempo della persona; lo sganciamento totale dell’individuo da ogni relazione, da ogni gratitudine verso chi ha donato la vita, e dalla responsabilità di donare la vita.
 
Sappiamo che la legge è esposta al fraintendimento, a causa della durezza di cuore del popolo di Israele, che prepara il riconoscimento della inguaribile durezza di cuore di tutta l’umanità. È possibile una neutralizzazione minimalista del comandamento, per cui ciò che non è esplicitamente vietato diventa permesso, o per cui si sfrutta a proprio vantaggio ciò che è prescritto. Così presumibilmente ragionano le persone che commerciano nel tempio: essi non uccidono nessuno, non fanno male al prossimo, non bestemmiano Dio; anzi, mettono il popolo in condizione di fare offerte e offrire sacrifici. Essi però non si rendono conto di essere passati dall’adorazione di Dio alla schiavitù del denaro. Per comprenderlo è necessario lo sguardo limpido e ispirato di Gesù, costantemente orientato all’amore del Padre. Egli solo mette in pratica il comandamento: “non avrai altri dei di fronte a me”. Non come un adempimento facile, ma come un invito costante a ricercare Dio in ogni cosa, a commisurare ogni cosa con l’amore di Dio, a scoprirlo sempre più nella verità, fino a riconoscerlo come Padre.
 
La liturgia mette in correlazione il dono della legge e dei comandamenti con la cacciata dei mercanti dal tempio. Gesù riporta la legge al suo spirito profondo, mentre il peccato e la degenerazione legalistica tendono ad appropriarsene, per un proprio vantaggio immediato.
 
Tempio di Dio è non solo l’edificio, ma anche ogni persona, la comunità dei credenti, e potenzialmente anche tutta la famiglia umana: essa ha una dimensione sacra, vitale, che non può essere invasa dalle leggi del guadagno e dell’interesse.