UFFICIO LITURGICO NAZIONALE
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Spunti dalle letture

Nella prima lettura il racconto di Noè mostra il legame fondamentale che lega Dio e l’umanità attraverso il creato. Il segno dell’arcobaleno, che interrompe la pioggia e annuncia la fine della tempesta, è emblematico del valore simbolico di tutto il creato: nella multiforme e complessa bellezza delle creature, nel misterioso equilibrio che regge i rapporti […]
31 Gennaio 2012
Nella prima lettura il racconto di Noè mostra il legame fondamentale che lega Dio e l’umanità attraverso il creato. Il segno dell’arcobaleno, che interrompe la pioggia e annuncia la fine della tempesta, è emblematico del valore simbolico di tutto il creato: nella multiforme e complessa bellezza delle creature, nel misterioso equilibrio che regge i rapporti all’interno del mondo naturale, è possibile intravvedere un riflesso della bellezza e della provvidenza divina.
Nel progetto originario di Dio, l’uomo è chiamato ad essere il custode del mondo, creato per lui, ma il peccato introduce un elemento di disordine: il brano della Genesi rivela la fragilità dell’armonia cosmica, del legame tra uomo e creazione. Il diluvio, di cui si sancisce il termine, è il segno che l’uomo, con il suo peccato, può introdurre processi potenzialmente distruttivi nell’intero creato. Questa affermazione trova inediti riscontri nella nostra epoca, in cui l’umanità si rende conto di avere in sé l’effettiva possibilità di provocare una catastrofe universale: prima con le armi nucleari, poi con l’inquinamento e con il dominio economico-finanziario; in un futuro non lontano probabilmente anche con il dominio tecnico-genetico che va a intaccare la stessa natura dell’uomo.
Si ripropone cioè la tentazione di appropriarsi del mondo, facendone uno spazio vitale per pochi, un’arena di competizione spietata, in cui i deboli sono destinati a soccombere. Il vangelo mostra appunto che Gesù, ritiratosi nel deserto, combatte contro il tentatore e riporta una pace quasi paradisiaca: mentre lotta contro il maligno, le bestie selvatiche stanno con lui e gli angeli sono al suo servizio. Assistiamo oggi a due tipi di delocalizzazione della persona umana, nella sua relazione col creato: da un lato, ampi settori culturali proclamano una sostanziale parità (se non un’inferiorità) dell’uomo rispetto agli animali, con l’esito di una sostanziale deresponsabilizzazione rispetto al creato. D’altra parte, si afferma un’altra presunzione: quella di imporsi con un potere assoluto su tutto il creato, attraverso la tecnologia. Il risultato però è che l’uomo diventa schiavo delle stesse dinamiche che egli ha suscitato, come avviene ad esempio nell’attuale crisi economica. Gesù si pone come modello di un’umanità che si prende cura del creato, accettando la propria responsabilità, ma che non pretende di occupare il posto di Dio.
Abbiamo parlato di un combattimento, di una lotta contro il tentatore; il vangelo di Marco però suggerisce una prospettiva diversa, che viene amplificata nella seconda lettura: non c’è lotta, competizione, ma pacificazione, ristabilimento dell’armonia. Gesù, “giusto per gli ingiusti”, dona la sua vita, offre la redenzione attraverso la sua morte, a cui si partecipa attraverso il Battesimo. Il senso più profondo della lotta contro il male e contro la tentazione è dunque proprio il superamento di una prospettiva competitiva, titanica, volontaristica. In tal modo riceviamo la corretta impostazione al nostro cammino quaresimale, finalizzato al ristabilimento dell’alleanza, della giusta relazione con Dio e con il mondo. L’alleanza non si realizza attraverso uno scontro, ma accettando di entrare in un incontro vero. L’educazione che ci viene da Dio consiste appunto nella possibilità di entrare nella sua pace.
 
 
La conversione a cui Dio ci chiama
 
L’impegno quaresimale della preghiera si configura quindi come risposta a Dio, che in Gesù ci invita a ritrovare l’armonia profonda del nostro essere. Nella Quaresima preghiamo non con spirito volontaristico, ma unendoci a Gesù che nel deserto trova il senso della sua missione.
In quest’ottica, la pratica quaresimale del digiuno non è vista tanto come esercizio ascetico, ma come risposta al Padre, che ci ha chiamato alla vita e ci ha mandato il Figlio per ritrovare il nostro posto nel mondo. Sobrietà e dominio di sé sono gli atteggiamenti necessari attraverso cui ci rendiamo disponibili a vivere anche noi in armonia con il cosmo e nel rispetto dei fratelli.

L’invito quaresimale all’elemosina viene infine liberato dalla sua possibile deriva compassionistica, e si conforma alla carità di Gesù, che si spoglia della sua prerogativa divina per condividere la condizione umana, fino alla possibilità della tentazione. Mediante l’elemosina anche noi ci apriamo alla misericordia di Gesù, e rinunciamo alla pretesa di dominio assoluto, per condividere i beni del mondo.