UFFICIO LITURGICO NAZIONALE
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Lectio

Ecco: con questa espressione nella prosa ebraica si indica un fatto improvviso, un evento che interrompe una catena di eventi con la sua logica preordinata. Una sorpresa, qualcosa che non ci si attende. verranno giorni…: il profeta annuncia un futuro, lontano ma accessibile, un futuro assicurato da Dio stesso. Ai suoi contemporanei, che vedevano davanti a […]
18 Gennaio 2012
Ecco: con questa espressione nella prosa ebraica si indica un fatto improvviso, un evento che interrompe una catena di eventi con la sua logica preordinata. Una sorpresa, qualcosa che non ci si attende.
 
verranno giorni…: il profeta annuncia un futuro, lontano ma accessibile, un futuro assicurato da Dio stesso. Ai suoi contemporanei, che vedevano davanti a sé una situazione senza vie d’uscita, senza prospettive, il profeta annuncia che Dio continua a preparare un futuro per il suo popolo. La formula si ripete più volte all’interno dei capitoli 30 e 31 del libro di Geremia, coinvolgendo diversi aspetti della vita del popolo.
Per noi, oggi: non c’è educazione senza futuro, non c’è educazione senza speranza. Il dramma dell’attuale situazione di crisi deriva dal fatto che si è ingabbiata la speranza unicamente in prospettive di sviluppo materiale, esteriore. Il brano profetico ci invita a ritrovare un orizzonte più ampio: l’orizzonte della promessa e dell’alleanza con Dio. Per gli adulti come per i giovani non è possibile vivere avendo come unico scopo di essere pedine di un progresso scientifico-economico puramente esteriore, che va a vantaggio di pochi. Solo il futuro aperto da Dio sazia la sete più profonda di ogni persona.
 
Oracolo del Signore: nel brano ricorre tre volte la formula con cui si attesta che la parola pronunciata non proviene da un’iniziativa umana, ma da Dio stesso. Il profeta è il messaggero, il canale di una comunicazione che Dio in persona vuole instaurare con il suo popolo. Egli trasmette questo messaggio con tutta l’abilità di cui è capace, sia teologica che letteraria; ma ciò che trasmette non è sua iniziativa, non è ciò che piace a lui.
Per noi, oggi: sarebbe rischioso vedere la Quaresima come una iniziativa puramente ecclesiale, come una mera tradizione umana. Si tratta invece di un kaoirós che lo Spirito stesso suscita, di un tempo favorevole all’ascolto della sua parola. Al di là del fare, dell’organizzare, del predisporre, sarà importante lasciare spazio all’ascolto, al silenzio, al sospendere l’affanno, per ritrovare la direzione che Dio vuol dare alle nostre vite e alla sua Chiesa.
 
Concluderò: il verbo è alla prima persona. Dio si impegna personalmente, in maniera solenne, e chiede una corrispondenza, un’adesione personale.
Per noi, oggi: la Quaresima chiama in causa le convinzioni profonde, è un invito a ritornare all’autenticità della propria vita. Il mercoledì delle Ceneri viene proclamato il brano che invita a pregare “nel segreto”, a vivere l’elemosina e il digiuno lontano dagli sguardi che portano alla vanità.
 
Con la casa di Israele: l’impegno solenne di Dio riguarda un popolo, una comunità, non una massa indistinta di singoli e di individui. L’alleanza divina fonda la possibilità di esistenza di una vera comunità umana, in cui le relazioni garantiscono la possibilità di vivere, e promuovono la realizzazione personale di ciascuno, anche dei più deboli.
Per noi, oggi: l’educazione è un fatto comunitario, e oggettivo: una comunità buona educa in maniera positiva, una comunità che presenta elementi negativi di fatto diseduca, al di là delle buone intenzioni. Il dramma è sotto i nostri occhi: le istituzioni educative propongono valori che di fatto sono smentiti dal corpo sociale, risultando così inefficaci. Ciò che la società propone globalmente non risulta educativo per le giovani generazioni, e risolta in contrasto con i valori delle famiglie e degli operatori educativi.
 
E la casa di Giuda: vengono associati i due regni, i due tronconi in cui il popolo risultava diviso all’epoca della monarchia. L’alleanza divina comporta una riconciliazione, una ricomposizione delle divisioni.
Per noi, oggi: accogliere la riconciliazione con Dio implica un risanamento delle ferite anche a livello comunitario. Una comunità cristiana capace di accogliere l’Alleanza sarà anche veicolo positivo di riconciliazione per tutti.
 
Una nuova alleanza: nella mentalità antica l’annuncio di una novità non era un fatto consueto. La tendenza dominante era a ripetere le tradizioni, a lasciare immutate le istituzioni, ad apprezzare maggiormente ciò che era antico e consolidato. Anche a livello sociale si poteva riscontrare una sostanziale divisione in caste immutabili, che tendevano a perpetuarsi in maniera fissa e immutabile. Il Dio di Israele rompe la fissità, la tendenza al ritorno ciclico dell’identico: nell’Esodo un popolo di schiavi diventa un popolo libero, un popolo pellegrino viaggia verso la sua terra. Il Dio da cui tutto ha origine è anche il Dio che vuole riportare il mondo, sfigurato dal peccato, alla bellezza originaria: ma concretamente questo comporta immettere nella storia energie sempre nuove, fattori di sorpresa inaspettata. Gli dei delle nazioni sono fermi e non si muovono, il Dio di Israele cammina con il suo popolo e lo conduce là dove non spererebbe neppure di poter arrivare.
Per noi, oggi: nel nostro tempo il rapporto tra novità e tradizione si è profondamente alterato. Il mondo occidentale ha quasi sacralizzato l’idea di progresso e di evoluzione, per cui il modello educativo sembra non essere più l’adulto, che ha maturato un’esperienza, ma il giovane o l’adolescente, continuamente passibile di novità e mobilità. Tuttavia, nel turbinoso meccanismo di trasformazione sociale, economica, scientifica, lo sguardo attento ritrova i segnali della fissità e dell’immobilismo: da un lato il progresso esteriore rischia di alimentare unicamente la perenne tentazione egoistica, impedendo una reale crescita della persona; d’altra parte si riscontra una persistenza costante dei centri di potere e di controllo, anzi addirittura una tendenza alla loro concentrazione riduzione: i vantaggi del progresso rischiano di restare appannaggio di pochi, mentre svaniscono le prospettive di miglioramento per milioni di persone, soprattutto giovani. Si impone con forza la domanda: qual è la vera novità, che determina una reale crescita e maturazione della persona?
 
Non sarà come l’alleanza che ho concluso con i loro padri: inizialmente il profeta non spiega in che cosa consista la nuova alleanza, ma se ne dà una caratterizzazione negativa. Essa non sarà come l’alleanza antica. Non si tratta di una svalutazione dell’opera divina: anche l’Esodo è stato un evento di portata fondamentale, anch’esso è stato voluto da Dio, anch’esso porta con sé valori ed esigenze permanenti. E tuttavia presenta una sua insufficienza. Gli ascoltatori sono invitati a constatare la continuità del progetto educativo di Dio, che non si arrende di fronte a ciò che potrebbe sembrare un fallimento. Dio resta fedele alle sue promesse, e non smette di proporre la sua alleanza, anche quando la durezza di cuore dell’uomo sembra mandarla a vuoto.
Per noi, oggi: occorre tener presente la durezza di cuore, la profondità del peccato, contro ogni ingenuità, che vorrebbe illudere che sia facile trasformare il mondo e l’umanità. L’esperienza di Israele rimane come una acquisizione permanente per ogni uomo e per ogni tempo: anche le più nobili realizzazioni e gli intenti più illuminati sono esposti alla corrosione determinata dal peccato.
 
Quando li presi per mano: prender per mano è l’azione del genitore, del padre o della madre amorevole, che insegna a camminare, che accompagna, che sostiene la crescita. L’esperienza dell’Esodo è riletta qui, in accordo con altri passi biblici, come esperienza di inizio, di infanzia, di non piena maturità.
Per noi, oggi: una liberazione solo esteriore non è ancora piena liberazione. Un progresso solo materiale non è vera crescita della persona. Non è possibile fondare una società su impulsi di tipo adolescenziale, prendere come traino dell’economia i consumi compulsivi e capricciosi tipici dell’infante. Occorre un cammino verso una maturità.
Aggiungiamo inoltre che esiste il pericolo che la fede si configuri come fede infantile, continuamente bisognosa di puntelli, sostegni, figure carismatiche, esperienze comunitarie: ma non è questo il progetto di Dio nella sua compiutezza. È certamente necessario, in alcune fasi della vita, anche adulta, essere presi per mano, essere condotti attraverso un itinerario di crescita, ma lo scopo è la fede matura, di coloro che non si cibano più di “latte”, ma di “cibo solido”.
 
Alleanza che essi hanno infranto: si constata qui la tremenda possibilità della rottura dell’alleanza, il mistero terribile del peccato che si oppone alla misericordia divina, che sconvolge il suo progetto e sfigura il volto della creatura umana.
Per noi, oggi: come dice Gesù: “se hanno rifiutato me, rifiuteranno anche voi”. Lui, educatore perfetto e coerente, puro e innocente, è stato ugualmente tradito e respinto, anche da coloro che più aveva amato e sorretto con la sua presenza e la sua misericordia. Ogni educatore cristiano, e la Chiesa nel suo insieme, è chiamato a fare i conti con la possibilità del fallimento (a volte apparente, a volte temporaneo, a volte parziale) della loro opera. Anche in questo si prova la fede.
 
Porrò la mia legge dentro di loro: la nuova alleanza è caratterizzata da una nuova legge, non più scritta su tavole di pietra, ma scritta sui cuori; non più legge esterna, che costringe e obbliga con la forza, ma legge interiore, che dall’interno muove la persona.
 
La scriverò sul loro cuore: Paolo vede il compimento della promessa quando parla dello Spirito effuso nei cuori di coloro che sono uniti alla morte e risurrezione di Cristo; il vangelo della Passione secondo Giovanni mostra la morte di Gesù anche nella sua dimensione di dono dello Spirito, indicato dal sangue e acqua che sgorga dal suo costato aperto.
 
Io sarò il loro Dio ed essi saranno il mio popolo: formula di alleanza. Indica un patto, un legame di tipo matrimoniale, un vincolo stabile, inteso in senso positivo (vale a dire: liberamente accettato, liberamente voluto, base per una crescita e una costruzione). non dovranno più istruirsiAlla base di ogni educazione, alla base di ogni sapienza, sta qualcosa che non può essere insegnato, ma può essere trasmesso, coltivato.
 
Dal più piccolo al più grande di loro: istintivamente siamo portati ad interpretare “piccoli” e “grandi” in termini generazionali: giovani e bambini da una parte, adulti dall’altra. Probabilmente invece il testo intende muoversi nel campo politico-sociale, secondo la mentalità del mondo antico. “Piccoli” sono coloro che non hanno peso sociale e politico; “grandi” sono invece i capi e le autorità del popolo. Queste distinzioni non hanno più peso: il valore fondamentale non è la ricchezza o l’influenza politica, ma la conoscenza di Dio.
 
Perché io mi dimenticherò delle loro colpe: La prospettiva in cui ci si muove è quella di un perdono generoso, non necessariamente motivato. Non viene detto infatti (ma non è neppure escluso) che il perdono sia motivato da un pentimento. Il perdono è prima di tutto offerto da Dio, gratuitamente, nonostante la reiterata durezza del popolo. Comprendiamo bene come questo testo possa essere citato allusivamente nelle parole sul calice di Gesù, nell’ultima cena, e ripreso nella lettera agli Ebrei, in cui si vuol approfondire il tema del sacerdozio di Cristo.