UFFICIO LITURGICO NAZIONALE
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Caritas

La Parola che trasforma Carissimi, se il nostro cuore non ci rimprovera nulla, abbiamo fiducia in Dio, e qualunque cosa chiediamo, la riceviamo da lui, perché osserviamo i suoi comandamenti e facciamo quello che gli è gradito. Questo è il suo comandamento: che crediamo nel nome del Figlio suo Gesù Cristo e ci amiamo gli uni […]
13 Novembre 2012
La Parola che trasforma
 
Carissimi, se il nostro cuore non ci rimprovera nulla, abbiamo fiducia in Dio, e qualunque cosa chiediamo, la riceviamo da lui, perché osserviamo i suoi comandamenti e facciamo quello che gli è gradito. Questo è il suo comandamento: che crediamo nel nome del Figlio suo Gesù Cristo e ci amiamo gli uni gli altri, secondo il precetto che ci ha dato.  (1Gv 3,21-23)
 
 
Noi crediamo
 
Diventare discepolo di Gesù significa accettare l’invito ad appartenere alla famiglia di Dio, a condurre una vita conforme al suo modo di vivere: “Chiunque fa la volontà del Padre mio che è nei cieli, questi è per me fratello, sorella e madre” (Mt 12,49). (CCC, 2233)
 
 
Con le mie opere ti mostrerò la mia fede
 
Andres, Cecilio e German presto parteciperanno al trasferimento nell’oriente della Bolivia: la terra promessa per alcuni, la terra di nuove sfide per altri, la terra di pericoli sconosciuti per molti. Per la gente degli aridi monti andini, l’oriente rappresenta la possibilità di disporre di una terra comunitaria in cui ognuno possa allevare vacche, maiali, galline, coltivare riso, yuca, banani, e «magari, un domani, costruire una scuola per i figli, che non sia a tre ore di cammino da casa» mi dice sognante Alberto Leon, capo pueblo di Tres Cruces.
Nell’oriente le famiglie partenti sperano di non dover più coltivare striminziti fazzoletti di terra sassosa aggrappati alle pareti dei monti, dove spesso «la pioggia torrenziale e il vento portano via la semina, distruggono il raccolto, annullano il nostro lavoro e ci costringono a spaccare le pietre e rivenderle per sostenere la famiglia», si lamenta Cecilio.
Le speranze non fanno dimenticare le paure dell’ignoto tanto diverso e tanto lontano per colture e culture, temperature e temperamenti: «non abbiamo mai coltivato la yuca», «qui parliamo il quechua, ma non saremmo capiti là», «qui abbiamo il freddo che ci irrigidisce gli arti, ci fa soffrire, ma ci protegge anche da tanti insetti che troveremo nel tropico» pensano le mogli dei coraggiosi mariti in partenza. Paure legittime.
«Noi siamo cresciuti nella terra, viviamo dei suoi frutti, non potremmo provare a vivere in città» mi spiega il ventenne German in un castigliano stentato; «non so cosa troveremo nell’oriente, ma qui non possiamo più vivere: ora ho anche una famiglia da mantenere».
 
E mentre attendono pazienti che il tempo sia propizio per il grande viaggio, preparano nei loro sogni e nei loro desideri la nuova comunità dell’oriente.
 
Giulia – Bolivia
 
Mi impegno
A ricordare le famiglie spezzate dalla povertà, dalle migrazioni, dalla mancanza di lavoro… perché siamo un’unica famiglia di Dio.
A sostenere quei progetti che si rivolgono all’interno nucleo famigliare, perché i bambini possano crescere con i genitori vicini e la coppia sognare e progettare insieme.