UFFICIO LITURGICO NAZIONALE
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Contributo del Centro Nazionale Vocazioni

La chiesa: tempio fedele La Chiesa è madre che genera alla vita (Battesimo, Cresima ed Eucaristia) e che accompagna verso la maturità della vita cristiana. È importante che riscopra non solo la responsabilità di generare, ma anche quella di condurre-accompagnare alla maturità che, in ultima analisi, consiste nel riconoscere, accogliere e rispondere alla propria vocazione.La Chiesa […]
31 Gennaio 2012
La chiesa: tempio fedele
 
La Chiesa è madre che genera alla vita (Battesimo, Cresima ed Eucaristia) e che accompagna verso la maturità della vita cristiana. È importante che riscopra non solo la responsabilità di generare, ma anche quella di condurre-accompagnare alla maturità che, in ultima analisi, consiste nel riconoscere, accogliere e rispondere alla propria vocazione.
La Chiesa è comunità che propone, all’insieme dei suoi membri, itinerari pastorali che risultano essere vocazionali per natura in quanto accompagnano nella conformazione a Cristo, termine ultimo di ogni vocazione: la liturgia e la preghiera, la comunione ecclesiale, il servizio della carità e la testimonianza annuncio del vangelo.
La Chiesa è famiglia che si prende cura, per mezzo dei suoi educatori, di instaurare rapporti personali attraverso l’accompagnamento: si tratta di affiancare sempre di più all’annuncio a tutti (assemblea liturgica, gruppo...), la relazione con il singolo.
Come afferma il Congresso europeo sulle vocazioni del 1997, è importante che “vi sia una comunità ecclesiale che aiuti di fatto ogni chiamato a scoprire la propria vocazione. Il clima di fede, di preghiera, di comunione nell’amore, di maturità spirituale, di coraggio nell’annuncio, d’intensità della vita sacramentale fa della comunità credente un terreno adatto non solo allo sbocciare di vocazioni particolari, ma alla creazione d’una cultura vocazionale e d’una disponibilità nei singoli a recepire la loro personale chiamata” (NVNE 19b).
Per tutto questo, è fondamentale che vi siano educatori-testimoni, adulti-compagni di viaggio capaci di aiutare “quel singolo” a tradurre per lui quanto è stato proposto per il gruppo. Educatori disponibili ad acquisire, sempre di più, una preparazione specifica e tecnica al delicato compito di guida; generosi in rapporto al tempo da impegnare in questo servizio che non sarà più soltanto quello da dedicare al gruppo, ma anche quello da offrire ai singoli.
 
 
Creare condizioni senza condizionare
 
La chiesa è una comunità che crea condizioni senza condizionare! In altre parole, con il suo modo di vivere non condiziona Dio, ma crea le condizioni affinché la chiamata di Dio possa raggiungere i suoi destinatari: ascolto dell’insegnamento degli apostoli, comunione fraterna, spezzamento del pane, preghiere, comunione dei beni, simpatia del popolo…, sono queste attenzioni/atteggiamenti a creare le disposizioni favorevoli per cui “... il Signore ogni giorno aggiungeva alla comunità quelli che erano salvati” (Atti 2, 42-47): la comunità prepara il terreno, è poi Dio che chiama e aggiunge nuovi componenti.
Questa chiesa, tempio fedele, ci insegna una concezione della vita in cui, si potrebbe dire, è Dio che cerca l’uomo, che chiama e accresce la comunità. D’altro canto, questa logica è la stessa che caratterizza tutta la storia della salvezza: storia di un Dio che cerca l’uomo. Lo cerca, in Adamo ed Eva, come destinatario della sua opera creatrice; lo cerca quando a causa del peccato si era nascosto per paura; lo cerca, in Abramo, per farsi conoscere e per donargli in abbondanza terra e discendenza; lo cerca, in Mosè, per liberarlo dalla schiavitù e donargli la libertà; lo cerca, attraverso i suoi profeti, per condurlo sulle strade della vita con la tenerezza di una madre (“Si dimentica forse una donna del suo bambino, così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere?
Anche se costoro si dimenticassero, io invece non ti dimenticherò mai” Is 49,15), con la sicurezza e forza del buon pastore che conduce il suo gregge a pascoli erbosi e ad acque tranquille (“Il tuo bastone e il tuo vincastro mi danno sicurezza” Sal 23,4); lo cerca, in Gesù suo Figlio, per donargli la salvezza senza risparmiare neanche il suo sangue.
E allora, prima di tutto, l’uomo deve imparare a lasciarsi trovare da Dio. Pensiamo, ad esempio, al nostro modo di pregare: la preghiera, sia personale che comunitaria, per diventare sempre più “vocazionale” dovrebbe non solo domandare al “Padrone della messe che mandi operai nella sua messe”, ma favorire nel nostro cuore una conversione che vada nella seguente direzione: da una preghiera come ricerca di Dio alla preghiera come un essere ricercati da Dio; dalla preoccupazione eccessiva di domandare alla disponibilità di essere interpellati; da un aspettarci delle risposte da parte di Dio al rispondere a quelle che sono le attese di Dio nei nostri riguardi…
Una comunità ecclesiale, secondo l’insegnamento della chiesa primitiva degli Atti, è una comunità di persone che vive e cresce nella disponibilità a lasciarsi chiamare e, di conseguenza, nella responsabilità di aprirsi alle molteplici risposte secondo i desideri del cuore di Dio (che “coincidono” con gli autentici desideri della comunità e del singolo). Solo a partire da questa esperienza una comunità diventerà, a sua volta, capace di chiamare: una comunità vocazionale.
Dunque, una comunità chiamata che diventa comunità chiamante.
“La comunità, che prende coscienza di essere chiamata, allo stesso tempo prende coscienza che deve continuamente chiamare… La crisi vocazionale dei chiamati è anche crisi, oggi, dei chiamanti, a volte latitanti e poco coraggiosi. Se non c’è nessuno che chiama, come potrebbe esserci chi risponde?” (NVNE, 19d).