UFFICIO LITURGICO NAZIONALE
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

«Oggi sulla terra c'è un grande silenzio»

Il Sabato santo, «la Chiesa sosta presso il sepolcro del Signore meditando la sua passione e morte, astenendosi dal celebrare il sacrificio della Messa (la mensa resta senza tovaglia e ornamenti) fino alla solenne Veglia o attesa notturna della risurrezione» (Messale Romano, p. 160). Un giorno, dunque, di sosta silenziosa e orante nella memoria della […]
14 Febbraio 2012
Il Sabato santo, «la Chiesa sosta presso il sepolcro del Signore meditando la sua passione e morte, astenendosi dal celebrare il sacrificio della Messa (la mensa resta senza tovaglia e ornamenti) fino alla solenne Veglia o attesa notturna della risurrezione» (Messale Romano, p. 160). Un giorno, dunque, di sosta silenziosa e orante nella memoria della sepoltura del Signore. Ma, mentre si attende di gustare nuovamente la celebrazione eucaristica nella notte pasquale, non cessa la laus perennis attraverso la liturgia delle Ore che, con antifone, inni, salmi e letture, contribuisce a definire i contorni di questo giorno. In particolare, un’antica omelia proposta nell’Ufficio delle Letture suggerisce il clima di grande silenzio che avvolge queste ore: la terra è sbigottita e tace perché il Dio fatto carne è morto e con la sua morte ha svegliato coloro che da tempo dormivano. Le parole cedono il posto allo stupore della contemplazione perché Cristo si è fatto solidale con la storia umana di tutti i tempi e porta la salvezza a coloro che lo hanno atteso e hanno preparato il suo avvento. È il mistero della “discesa agli inferi” professato nel Simbolo ed oggi, in particolar modo, nelle parole della preghiera eucaristica IV, quale annuncio di salvezza per ogni uomo: nessuno è escluso dalla salvezza che Dio ha preparato per gli uomini in Cristo; nessuno sia smarrito: Dio si fa solidale anche nella morte con l’uomo mortale.
Una certa sobrietà e l’assenza di elementi che anticipano la gioia della Pasqua giovano a vivere questo giorno non come un non-giorno, una sorta di ponte tra il Venerdì e la Domenica, ma come statio intensa e feconda, memoria silente ma eloquente di Colui che si è fatto chicco di grano per marcire sotto terra in comunione con il destino di ogni uomo e rifiorire a pianta carica di frutti.