UFFICIO LITURGICO NAZIONALE
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Per l'Anno della fede: la gioia del credere

La gioia del donarsi in pienezza In Maria vediamo la gioia dell’affidarsi completamente. Il racconto del peccato mostra una perenne tentazione: quella di vivere mettendo alla prova Dio, la vita, gli altri, ricercando un dominio assoluto e rifiutando di impegnarsi in maniera profonda. Maria vive secondo uno stile totalmente differente: essa entra in dialogo progressivo con […]
5 Novembre 2012
La gioia del donarsi in pienezza
 
In Maria vediamo la gioia dell’affidarsi completamente. Il racconto del peccato mostra una perenne tentazione: quella di vivere mettendo alla prova Dio, la vita, gli altri, ricercando un dominio assoluto e rifiutando di impegnarsi in maniera profonda. Maria vive secondo uno stile totalmente differente: essa entra in dialogo progressivo con Dio, arrivando al dono totale e all’affidamento totale della propria esistenza nelle mani di Dio.
 
 
Dal Catechismo della Chiesa Cattolica
 
[399] La Scrittura mostra le conseguenze drammatiche di questa prima disobbedienza. Adamo ed Eva perdono immediatamente la grazia della santità originale. Hanno paura di quel Dio di cui si sono fatti una falsa immagine, quella cioè di un Dio geloso delle proprie prerogative.
[400] L’armonia nella quale essi erano posti, grazie alla giustizia originale, è distrutta. La padronanza delle facoltà spirituali dell’anima sul corpo è infranta; l’unione dell’uomo e della donna è sottoposta a tensioni; i loro rapporti saranno sottoposti alla tendenza alla concupiscenza e all’asservimento. L’armonia con la creazione è spezzata.
[490] Per essere la madre del Salvatore, Maria «da Dio è stata arricchita di doni degni di una così grande carica». L’angelo Gabriele al momento dell’Annunciazione la saluta come «piena di grazia» (Lc 1,28). In realtà, per poter dare il libero assenso della sua fede all’annunzio della sua vocazione, era necessario che fosse tutta sorretta dalla grazia di Dio.
[492] Questi «splendori di una santità del tutto singolare», di cui Maria è «adornata fin dal primo istante della sua concezione», le vengono interamente da Cristo: ella è «redenta in modo così sublime in vista dei meriti del Figlio suo». Più di ogni altra persona creata, il Padre l’ha «benedetta con ogni benedizione spirituale nei cieli, in Cristo» (Ef 1,3).
 
 
Disobbedienza come parzialità e frammentarietà
 
La voce della tentazione dice: «Sarete come Dio». La voce della salvezza dice che «il Verbo si è fatto carne e ha dato il potere di diventare figli di Dio». Riscontriamo una curiosa somiglianza tra le due voci: si tratta, in qualche modo, di “diventare come Dio”. Dove sta allora la differenza?
La voce della tentazione, sempre presente nell’esistenza del singolo come nella storia dell’umanità intera, propone una divinizzazione in una prospettiva parziale: si tratta di assumere, anzi di appropriarsi con la forza di un aspetto della divinità: il potere, la grandezza, l’assoluta libertà. Nell’ottica del peccato non tutta la persona, ma solo una sua parte tenta di scimmiottare un qualcosa che appartiene alla divinità; e non tutta la comunità, ma solo un singolo, o un gruppo, è coinvolto.
 
 
Salvezza come totalità
 
Nella dinamica della salvezza invece tutto l’essere del credente è coinvolto, non da solo, ma insieme a tutti coloro che credono. Tutta la libertà è coinvolta, e tutta la vita è messa in gioco. Il vangelo dell’annunciazione e la figura dell’Immacolata offrono pertanto una provocazione fortissima al nostro tempo, segnato da una nostalgia, non riconosciuta, della pienezza e della totalità. L’uomo e la donna del mondo occidentale tecnologico vivono nella ricerca ossessiva di un potere e di un dominio che è possibile solo al prezzo della specializzazione e della parcellizzazione dei ruoli; solo pochi stanno al vertice della piramide, tutti gli altri sono ridotti ad ingranaggi, di grado più o meno elevato. Viene meno la possibilità di un coinvolgimento totalizzante: la vita si riduce ad una serie di “prove”, di tentativi limitati, di realizzazioni precarie.
 
 
Felicità?
 
Tuttavia molti si ritengono felici, pur non pervenendo mai a scelte forti e decisive. Questo accade soprattutto nella giovinezza, quando salute, bellezza, energie giocano a favore. Oppure nelle fasi positive di benessere, quando si dispone di grandi risorse. Senza volere a tutti i costi giudicare, e senza invidie e rivalse, invitiamo tuttavia a esaminare chi paga il prezzo di simili segmenti di vita felice, ottenuta con scelte parziali e limitate: come accade in tante relazioni di coppia, dove l’uno o l’altra rimandano continuamente una decisione piena. E l’uno o l’altra soffre, senza avere il coraggio di rompere. O come accade per alcuni giovani (non molti, in verità, almeno negli ultimi anni) che si fanno forti della loro qualifica professionale e per dieci-vent’anni si concedono il lusso di una vita a pieno regime. Ne pagano le conseguenze i loro dipendenti, chi si illude di poterli amare, coloro che vengono in qualche modo sfruttati per sostenere i piaceri altrui. Non parliamo poi di chi edifica il suo benessere sulla corruzione e sulla disonestà. Tutta la società, a lungo andare, ne viene inquinata.
 
 
Perdersi per ritrovarsi
 
Il panorama illusorio della possibilità di scelta infinita è esploso con la crisi economica: essa ha fatto drammaticamente riscoprire tutta la dolorosità di un’esistenza precaria. Ma il fallimento era già in atto anche prima della crisi, e resterà tale anche nel caso, che ci si augura, che l’economia si risollevi. Le dimensioni fondamentali della vita e della società (l’amore, l’educazione delle nuove generazioni, la socialità e l’onestà) mal sopportano di essere vissute nella parzialità.
Il racconto biblico letto nell’attualità si rivela sorprendentemente profetico: coloro che desideravano conquistare una pienezza di esistenza, decidendo in piena autonomia e senza un progetto complessivo, si ritrovano “nudi”, vale a dire fragili, isolati, abbandonati a se stessi.
Maria invece è colei che arriva a donare tutta la sua esistenza. Solo apparentemente il suo dichiararsi “serva del Signore” è un sacrificare la vita: mentre sembra perdersi, Maria si ritrova, e trova la piena realizzazione della sua esistenza di donna, madre, sposa. E non da sola: dopo la risurrezione, la “piena di grazia” trova attorno a sé una comunità sempre più numerosa, la comunità dei discepoli del Risorto, di coloro che come Cristo accettano di donare completamente la loro vita. E noi, ne vogliamo fare parte?