Di seguito riportiamo il passaggio centrale della Introduzione del Cardinale Gualiero Bassetti, Prersidente della CEI, ai lavori della 72a Assemblea Generale (Città del Vaticano, 12-15 novembre 2018).
L’approvazione della terza edizione italiana del Messale Romano costituisce l’atto finale di un lungo lavoro di studio, ricerca e confronto. Come ci aiuterà a ricostruire Mons. Claudio Maniago, tale lavoro ha attraversato diverse stagioni della vita ecclesiale: dall’Istruzione Liturgiam authenticam del 2001 al Motu proprio di Papa Francesco dello scorso anno, Magnum principium, che – in conformità al dettato conciliare – riconsegna alle Conferenze episcopali la grande responsabilità di “approvare” la traduzione dei libri liturgici. A ben vedere, non si tratta soltanto di una questione pratica, procedurale, ma di una tappa significativa del processo di riforma della Chiesa nella prospettiva della sinodalità. Già l’Evangelii gaudium, del resto, auspica un ritorno a tale modello, vissuto dalla Chiesa soprattutto in epoca patristica. «Il Concilio Vaticano II – scrive il Santo Padre – ha affermato che, in modo analogo alle antiche Chiese patriarcali, le Conferenze Episcopali possono “portare un molteplice e fecondo contributo, affinché il senso di collegialità si realizzi concretamente (LG 23)” (EG 32)».
In questo orizzonte la pubblicazione di una nuova edizione del Messale non può risolversi nell’aggiornamento di un libro, ma costituisce un tassello prezioso della riforma liturgica, che va rilanciata, approfondita e affinata per un rinnovamento di vita delle nostre comunità cristiane. È un impegno decisivo, a cui ci introdurrà la relazione del Preside dell’Istituto Santa Giustina, Prof. Don Luigi Girardi, e a cui contribuirà il confronto tra noi, nei gruppi di lavoro come nel momento assembleare.
La votazione finale del testo presenta ancora alcune decisioni rilevanti che siamo chiamati a condividere. Mi riferisco, in particolare, alla questione della traduzione della supplica “et ne nos inducas in tentationem” del Padre nostro. Si tratta di una decisione da assumere con sapienza teologica e con saggezza pastorale, nella consapevolezza che il Pater è non solo parte integrante dell’Ordo Missae, ma si configura anche come la preghiera, che ritma il respiro orante del popolo di Dio.
In definitiva, sarà importante non sviare dal compito di impostare con lungimiranza una pastorale liturgica della recezione del Messale, perché la variazione di traduzione sia un’ulteriore occasione per quella formazione operosa e paziente affidataci dalla Sacrosanctum Concilium.